Un itinerario possibile – dalla Sala Santa Rita al Museo Laboratorio d’arte contemporanea e ritorno

Pubblicato: aprile 28, 2011 in Documen(di)ario - Racconti d'artista

Jacopo Benci espone al museo laboratorio dell’Università “La Sapienza”.
La sua non è la consueta mostra d’arte ma una vera e propria officina dove l’autore cuce per la prima volta la trama della propria carriera artistica, dall’esordio negli anni Ottanta fino ad oggi, e il risultato è del tutto straordinario.
La sua storia di operatore visivo è essenzialmente estetica, non solo platonicamente artistica, ed è narrata con il rigore scientifico di chi fonda i propri assunti teorici e successivamente li concretizza utilizzando ogni tecnica artistica a disposizione: la grafica, la pittura, la fotografia, il video, installazioni e performances e, perché l’artista si possa dire completo, Benci combina il suo curriculum con importanti attività di giornalista musicale, recensore di mostre, curatore, ricercatore nel campo dei ‘film studies’, traduttore, conferenziere e docente.
Come per dire che dal problema del valore dell’arte alla realizzazione tecnica dell’opera si indica ineffabilmente la traduzione di un pensiero. E, ancora, è come se per l’artista il valore estetico nel sistema dei segni consenta l’accesso privilegiato alla ‘verità’ dietro la ‘banalità’ del presentato e per lo spettatore – fruitore? – non poter più guardare distrattamente l’opera: attenzione, riflessione e ‘giudizio’ gli sono richiesti in modo assoluto.
Fa piacere ricordare che lo scorso 22 marzo Jacopo Benci ha tenuto conRossella Caruso una conferenza presso la sede capitolina della Sala Santa Rita, per il ciclo “Testi e Testimoni”.
Durante l’incontro, in cui si sono svelate ed interpretate alcune tracce filologiche del lavoro dell’artista romano, è stato presentato il suo più recente lavoro video dal titolo “Passaggi – Durchgänge”, sequenze montate da riprese effettuate presso la sede del Museo Storico della Liberazione diVia Tasso usata durante l’occupazione di Roma dal 10 settembre 1943 al 4 giugno 1944 dalle forze di occupazione tedesche quale prigione e luogo di interrogatori e torture.
I 4’49” di video lasciano percepire l’attività speculativa dell’autore che oltrepassa la sua ricerca formale sullo spazio e sul tempo  toccando una dimensione astratta della storia.
Ha eliminato, con un minuzioso lavoro di “restauro” tutti gli oggetti che negli ambienti divia Tasso sono equiparabili a suppellettili, focalizzandosi sulle soglie, i passaggi appunto, producendo un “documento”, filologicamente unitario rispetto agli altri suoi lavori, ma comunque diverso.
Prodotto della riflessione sulla storia recente ed indelebile del Novecento, il video trae origine da un viaggio in Olanda nel dicembre 2004 e dalla visita alla casa di Anne Frank. “È inevitabile che luoghi di memoria come la casa di Anne Frank o l’ex-prigione nazista diVia Tasso vengano corredati di materiali didattici, iconografici, documentari”, racconta Benci, “ma dopo la ristrutturazione degli anni Novanta (che anche il sito ufficiale AnneFrank.org definisce ‘radicale’) la casa oggi fa un effetto troppo simile a un’installazione di arte contemporanea ambientale – o a un museo delle cere. Nel sito AnneFrank.org si legge che dopo il restauro ricostruttivo, “nella casa sul canale si respira ora l’atmosfera di quel tempo”. Ma io credo che a darmi il senso della ‘atmosfera del tempo’, quando mi trovai in quella casa, fossero molto di più il clima, la luce invernale, il relativo silenzio nella casa prospiciente un canale, e soprattutto i rintocchi della campana della Westerkerk, che come nel 1942 scandiscono il tempo. Così, quando sono stato invitato a partecipare a “Testi e Testimoni IV”, ho deciso che avrei realizzato – con la collaborazione della Casa della Memoria e del Museo della Liberazione – un video a Via Tasso, cui avevo pensato sin da quando nel 1993 vidi gli interventi di Fabio Mauri e Mel Bochner. Ma invece di aggiungere qualcosa, come loro avevano fatto, mi sarei concentrato (memore del suono della campana della Westerkerk) sugli elementi della casa di Via Tassoche i reclusi avevano visto durante la loro infelice permanenza: le soglie, i pavimenti, le porte, la poca luce che entrava dai finestrini sbarrati, e i muri su cui avevano scritto, facendone le pagine ultime del diario delle loro vite”.

Roberta Perfetti

Roma, 29/04/2011

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